Un’analisi dal Polo Monumentale Colle del Duomo a Viterbo
San Giovanni Evangelista, apostolo il cui nome ebraico significa “il Signore dona la sua grazia”, era figlio di Zebedeo e fratello dell’apostolo Giacomo. Di professione era pescatore, o forse membro di una società familiare di pesca a cui probabilmente collaboravano anche altri due fratelli, gli apostoli Simone Pietro e Andrea1.
A lui è ascritto il quarto Vangelo, forse redatto sullo scorcio del I secolo, e sempre nel Nuovo Testamento anche tre Lettere e il libro dell’Apocalisse.
Il Vangelo del “discepolo amato” che “aveva riposato sul petto di Gesù”, si caratterizza per un linguaggio teologico molto raffinato, tanto da aver meritato la definizione di “Vangelo spirituale”2. Nel suo Vangelo è racchiuso il famoso dualismo giovanneo: Luce e Tenebre si sfidano a battaglia sull’orizzonte di questo mondo, si scontrano ininterrottamente3.
Proprio questo dualismo gli fece ottenere come simbolo l’aquila, uno degli esseri viventi dell’Apocalisse: l’unico animale in grado di fissare il sole, attraversando le tenebre.
Ravasi commenta che nelle rappresentazioni orientali di San Giovanni, questi viene raffigurato anziano, calvo e barbuto; al contrario, in quelle occidentali, lo vediamo giovane e imberbe.
Proprio così ce lo presenta Domenico Corvi alla metà del XVIII secolo. Il giovane evangelista tiene nella mano sinistra il libro del Vangelo e un calamaio, e nella destra una penna; in basso a destra appare l’aquila.
Questo dipinto venne commissionato dalla Confraternita di Sant’Orsola di Viterbo. Corvi lavorò spesso per la chiesa dedicata alla Santa, realizzando lo stendardo processionale oggi esposto al Palazzo dei Priori.
Questa chiesa ha origine dal precedente edificio dedicato a San Giovanni in Pietra, menzionato già nel 1190. Suddetta chiesa aveva di proprietà una casa per la comunità, un mulino e un orto dove scorreva un piccolo torrente. I nomi delle vicine vie, Via della Molinella e piazza del Fosso, testimoniano la presenza in questa zona di molini: una di queste mole, a Via Ortaccio, in granito, è incastrata tra le pietre del muro.
Inoltre, nel 1562 la parrocchia di San Giovanni in Pietra fu ripartita tra quelle di San Leonardo e di San Pellegrino, mentre i beni furono assegnati alla chiesa di Santa Maria Nova. Nel 1570 la Confraternita di Sant’Orsola, proveniente dalla vicina Chiesa di San Pietro dell’Olmo, vi si trasferì, e, riedificato il tempio, impose il titolo di Sant’Orsola4. Verso la metà del XVIII furono eseguiti i lavori di ristrutturazione che fecero assumere alla chiesa l’attuale aspetto.
Tornando a parlare dell’evangelista, sarà proprio a lui che Gesù affiderà la madre. Per tale ragione, viene di norma raffigurato ai piedi della Croce vicino alla Vergine.
Così accade anche per la tavola della Crocifissione esposta al Museo Colle del Duomo.
L’opera datata alla metà del XVI secolo, donata nel 1725 ai gesuiti di Sant’Ignazio, e attribuita a Michelangelo per degli elementi, è stata soggetta ad analisi che hanno interessato soprattutto il viso di San Giovanni, mostrandone un doppio volto.
Un’ipotesi, forse smentibile, assocerebbe questo a una missiva di Vittoria Colonna a Michelangelo nella quale ella scrisse: ”l’ho ben visto al lume et col vetro et col specchio”.
Nel Polo Monumentale Colle del Duomo è visibile un’altra opera rappresentante l’Evangelista. Si tratta del polittico, esposto nella Sala Gualterio del Palazzo Papale, proveniente dalla chiesa di San Giovanni in Zoccoli di Viterbo.
Il nome in zoccoli proviene dalla storpiatura del termine ciotola. Infatti, la chiesa dedicata all’Evangelista riportava una decorazione fatta proprio di ciotole di maiolica smaltate sulla facciata originaria.
Questa, situata in Via Mazzini, risale ai primi decenni dell’XI secolo e presenta due archi esterni che mantengono la stabilità della stessa. La facciata della chiesa è caratterizzata soprattutto dal rosone a doppia corolla di archetti e colonnine in travertino ai cui angoli spiccano in bassorilievo i simboli degli evangelisti.
All’interno, nel presbiterio, era posizionato il polittico datato al 1441 del viterbese Francesco d’Antonio Zacchi, soprannominato il Balletta.
Dipinte su sette assi di legno, si notano 25 unità figurative, tra cui è rintracciabile San Giovanni evangelista, rappresentato alla sinistra della Madonna in trono col Bambino, nell’atto di scrivere il Vangelo.
Nella predella sono illustrati in successione cronologica i miracoli e il martirio di San Giovanni Evangelista. Per primo l’episodio che vede San Giovanni che, sotto comando dell’imperatore Domiziano, si immerge in un recipiente carico di olio bollente, da cui però ne esce illeso; poi, il miracolo con cui San Giovanni a Efeso resuscita Drusiana, una fedele del santo, la quale muore prima di riuscirlo a incontrare; successivamente, San Giovanni che fa raccogliere a dei giovani pentiti di aver ceduto le loro ricchezze ai poveri, delle pietre e degli stecchi dalla riva del mare, per mostrare loro quanto la ricchezza in vita sia inutile rispetto alla ricchezza nella vita eterna; in aggiunta, la rappresentazione della caduta degli idoli: sfidato dai cultori degli idoli, San Giovanni con le preghiere, fa crollare e distruggere il tempio e la statua di Diana; e infine, San Giovanni che per far convertire il pontefice degli idoli, beve del veleno, rimanendo illeso, per poi resuscitare dei condannati a morte, anche loro avvelenati.
1 Gianfranco Ravasi, San Giovanni Evangelista, il discepolo che Gesù amava; https://www.famigliacristiana.it/articolo/san-giovanni-evangelista.aspx
2 ibidem
3 Gianfranco Ravasi, Il Vangelo di Giovanni/1; Centro Editoriale Dehoniano, Bologna 1989
4 Chiesa di Santa Orsola (Viterbo): segnalazione per la Lista Rossa (13 luglio 2013) https://www.italianostra.org/sezioni-e-consigli-regionali/lazio/chiesa-di-santa-orsola-viterbo-segnalazione-per-la-lista-rossa/