Michelangelo, Vittoria Colonna e la Crocifissione del Museo del Colle del Duomo hanno qualche relazione?
A seguito dell’ampio interesse generato dall’incontro del 13 gennaio sulla “Crocifissione” del Museo del Colle del Duomo, in qualità di relatori riteniamo sia utile tirare le somme di quanto presentato come esito degli studi condotti dall’Università della Tuscia in collaborazione con Archeoares ed Egidio 17, con il patrocinio della Diocesi di Viterbo.
PREMESSA
L’opera era ed è legata al nome del Buonarroti per via di un testamento del 1725. Nel documento si ricordava una crocifissione di Michelangelo donata ai gesuiti di Viterbo dal conte Paolo Brunamonti. Questo non costituisce un elemento probante vista la datazione, ma rimaneva la suggestione di un’opera viterbese del maestro. Questa suggestione era rafforzata dalla nota presenza del Buonarroti nella Tuscia; dai rapporti con Vittoria Colonna e con il circolo degli Spirituali o “Ecclesia Viterbiensis”.
L’unica base certa e condivisa dai diversi studiosi pertanto era l’appartenenza dell’opera all’ambito michelangiolesco evidenziata dalla prof.ssa Simona Rinaldi.
Per approfondire la conoscenza della tavoletta del Museo l’unica strada percorribile era quella di iniziare nuove indagini. Le ricerche sono state indirizzate in modo da considerare tutti gli elementi dell’opera (paesaggio e abbigliamento) che ancora non erano stati analizzati. Inoltre per la prima volta vengono effettuate analisi scientifiche non invasive.
LE INDAGINI
L’analisi del paesaggio
Ha permesso di individuare una veduta “viterbese” caratterizzata dalla città turrita. Questa sembra un riferimento stringente alla zona dell’attuale Porta Faul vista da Nord. Inoltre i ruderi sembrano assimilabili con il complesso monumentale del Bacucco (rilevato da molti artisti tra cui Michelangelo).
L’analisi del vestiario
Ha invece confermato la datazione alla prima metà del Cinquecento ed ha posto l’accento su un’anomalia riguardo al perizoma del Cristo. Il rosa utilizzato per rendere il panneggio infatti è un colore che liturgicamente è assimilabile con la Pasqua e non certo con la crocifissione ma potrebbe essere legato ad una particolare concezione degli spirituali secondo i quali, la morte del Salvatore era da considerarsi un momento di gaudio perché si compiva la salvezza per fede.
Le varianti
L’intervento di Antonio Rocca ha mostrato che le varianti rispetto allo schema replicato da Venusti corroborano l’idea di un legame tra l’opera e il dibattito immediatamente successivo alla pubblicazione del Beneficio di Cristo, il testo teologico di riferimento più significativo espresso dagli Spirituali. Aggiunge inoltre che la “distanza” con lo stile michelangiolesco, considerati anche i dubbi espressi da Vittoria Colonna sulla paternità dell’opera (…per il che ho risoluta de non volerlo di man d`altri, et però chiaritemi, se questo è d`altri, patientia…), non costituisce ostacolo ma si pone come condizione necessaria per proseguire l’indagine che deve accogliere la complementarietà tra anomalie inspiegabili se considerate separatamente.
Le analisi scentifiche
Condotte dalla prof.ssa Claudia Pelosi del laboratorio di diagnostica dell’Università della Tuscia, oltre a confermare una datazione dei pigmenti coerente con la metà del XVI secolo ed il cospicuo uso di lapislazzuli (materiale particolarmente pregiato che testimonia la preziosità dell’opera e l’alta committenza), mostrano immagini non visibili ad occhio nudo ma solo agli ultravioletti o attraverso l’uso di un vetro verde o azzurro, anomalia che solo può essere compresa integrandola con il criptico passaggio con cui la Colonna chiude la sua missiva: “io l’ho ben visto al lume et col vetro et col specchio”.
CONCLUSIONI
Allo stato attuale delle ricerche e in considerazione del fatto che la stessa Colonna chiede al Buonarroti se l’autore della tavola sia lui o altri, non possiamo ovviamente attribuire la paternità del dipinto a Michelangelo o avanzare il nome di un suo eventuale collaboratore. Sarebbe tuttavia scorretto ritenere il maestro fisicamente e soprattutto concettualmente estraneo all’impostazione dell’opera. Resta più che plausibile l’ipotesi del riconoscimento della tavoletta con l’opera citata nella lettera di Vittoria Colonna.
Maggiori approfondimenti seguiranno nel volume di prossima pubblicazione.
Viterbo, 15/01/2016
Archeoares-Gianpaolo Serone
Egidio 17-Elisabetta Gnignera
Egidio 17-Antonio Rocca
Università della Tuscia-Claudia Pelosi
Università della Tuscia-Simona Rinaldi