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Suor Giacinta Marescotti

Una figura femminile importante per la storia del viterbese è quella di Santa Giacinta Marescotti, rappresentata anche dal pittore Domenico Corvi nel 1783 in un dipinto conservato oggi nella pinacoteca del Museo Colle del Duomo.

La vita

Seconda di cinque figli, Giacinta Marescotti, al secolo Clarice, nacque a Vignanello (VT) nel 1585. Si narra che Giacinta avesse un carattere particolarmente irrequieto sin dall’infanzia, tantoché i genitori presero la decisione di affidarla alle monache del convento di San Bernardino di Viterbo, dove però rimase solo un anno.

Tornata a Vignanello, si innamorò di Paolo Capizucchi di Poggio Catino, il quale però venne fatto sposare con la figlia Marescotti più giovane, Ortensia. Il primo biografo della Santa, il gesuita Francesco Maria de Amatis, la definisce come ritrosa e acerba. Probabilmente sempre per il suo temperamento, il padre decise di farla tornare al monastero di San Bernardino nel 1605: Clarice entrò come terziaria francescana, prendendo il nome di Giacinta.


Continuò a vivere nell’agio fino a quando una lunga malattia e diversi lutti familiari non la spinsero a cambiare tenore di vita. Abbandonati infatti tutti gli agi, visse seguendo le parole di San Francesco.
Da quel momento si mosse solo in aiuto degli altri, come con Francesco Pacini, noto libertino, che grazie alla Santa trovò la fede e con lei istituì la Confraternita dei Sacconi per assistenza degli ammalati negli ospedali.

Giacinta Marescotti morì nel 1640 e tanti fedeli accorsero per un ultimo saluto alla chiesa di San Bernardino. Eletta protettrice dei viterbesi, nel maggio 1807, Papa Pio VII la proclamò Santa.
Francesco Pacini venne beatificato nel 1783, e, per l’occasione, Domenico Corvi realizzò l’opera citata all’inizio.

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