Nato nel 225 in Spagna, San Lorenzo è il compatrono di Viterbo. A lui è dedicata la Cattedrale viterbese e la piazza antistante la chiesa.
Le notizie sulla sua vita sono poche e spesso rasentano la leggenda; tuttavia, tutti concordano nel definirlo uomo pietoso e generoso verso i poveri, tantoché spesso viene rappresentato nell’atto di carità, come nell’opera di Maratta (1625-1713) conservata all’interno del Duomo di Viterbo.
Durante i suoi studi teologici, conobbe il futuro papa Sisto II, un maestro apprezzato e rispettato, con cui poi intrattenne un rapporto di amicizia. Quando il 30 agosto 257 Sisto fu eletto vescovo di Roma, affidò a Lorenzo il compito di arcidiacono, cioè di responsabile delle attività caritative nella diocesi di Roma. A governare l’Impero Romano allora era Valeriano, imperatore conosciuto per la sua fortissima repressione dei Cristiani.
Nonostante un primo periodo di clemenza, nel 257 per mezzo di un editto, impose a vescovi, preti e diaconi di venerare gli dèi, pena l’esilio, e proibì ai cristiani le assemblee di culto sequestrando chiese e cimiteri. Ma nei primi giorni dell’agosto del 258, con un nuovo e più feroce editto ordinò la pena di morte per chi rifiutava il sacrificio pagano. Sisto II fu il primo a cadere, decapitato, insieme con sei dei suoi diaconi, il 6 agosto. Quattro giorni dopo fu la volta di San Lorenzo, arso vivo sulla graticola.
Sebbene la tradizione abbia sigillato l’idea della graticola come strumento del martirio di San Lorenzo, è molto probabile che il santo sia morto decapitato. In effetti, Valeriano non ordinò mai torture. Rimane quindi più plausibile l’ipotesi della decapitazione.