[vc_row][vc_column][vc_column_text]La Crocifissione di Viterbo (oggi al Museo Colle del Duomo) può avere una relazione con l’Ecclesia Viterbiensis?
IL CONTESTO
A meno di un anno dalla presentazione del progetto “Egidio 17”, il 29 agosto scorso, Antonio Rocca, storico dell’arte e ideatore di questa ‘kermesse’ culturale (2014-17) che pone al centro del dibattito la figura di Egidio Antonini (Viterbo 1462 – Roma 1532), potentissimo generale degli agostiniani, filosofo e umanista in contatto con i maggiori intellettuali del tempo, ha illustrato, insieme alla storica del costume viterbese Elisabetta Gnignera, alcuni degli scenari di studio più interessanti recentemente emersi a riguardo della tavoletta con Crocifissione e due ladroni di presunto ambito michelangiolesco, conservata al Museo del Colle del Duomo di Viterbo.
L’occasione è stata offerta da “Corpus 1462”, rivisitazione, in chiave post-moderna, della solenne processione quattrocentesca del Corpus Domini che si snodò per le vie di una Viterbo urbanisticamente ridisegnata, in parte, dalle ambizioni di Papa Pio II Piccolomini, e attuata nell’ambito dell’edizione 2015 di Quartieri dell’Arte, Festival Internazionale di Teatro.
LA CONFERENZA
La conferenza di Antonio Rocca ed Elisabetta Gnignera, tenutasi presso il Polo Monumentale Colle del Duomo, ha visto la presenza di una platea attenta e partecipe alla quale Antonio Rocca ha efficacemente contestualizzato la possibile committenza della tavoletta viterbese negli anni ferventi che videro l’ascesa e il tramonto degli “Spirituali” o Ecclesia Viterbiensis quando personaggi di spicco, tra i quali Vittoria Colonna, si agglomerarono intorno alla figura del cardinale inglese Reginald Pole, nominato Legato Pontificio al Patrimonio di San Pietro nel 1541, condividendo, nei pochissimi anni che precedettero il Concio di Trento (1541-45), un’esperienza al contempo religiosa e politica.
Gli “spirituali” viterbesi, infatti, si proposero di condurre un dialogo con i luterani nella convinzione che all’interno della Chiesa potessero coesistere più orientamenti.
“Di forte impatto sulla cerchia degli spirituali viterbesi”, ha sottolineato Rocca, “fu l’opera di Marcantonio Flaminio, il quale revisionò e ampliò il cosiddetto Beneficio di Cristo (trattato utilissimo del beneficio di Gesù Cristo crocifisso verso i cristiani, pubblicato a Venezia senza l’indicazione dell’autore)”.
“La crocifissione, pertanto”, ha continuato Rocca, “diventa il manifesto pittorico e iconico del testo-base della Ecclesia Viterbiensis, ossia il Beneficio di Cristo di Marcantonio Flaminio”.
Sulla stessa linea anche le importanti anticipazioni rilasciate nel corso della conferenza dalla specialista viterbese di Storia del costume rinascimentale Elisabetta Gnignera, la quale ha rivelato come una vera e propria ‘anomalia’ vestimentaria e insieme iconografica, presente nella Crocifissione del Museo del Colle del Duomo, conduca a ipotizzare che questa opera sia stata realizzata appositamente per la cerchia degli spirituali viterbesi o, addirittura, per la stessa Vittoria Colonna.
Secondo la storica, infatti, l’anomalo colore rosa del drappo che cinge i fianchi del Cristo crocefisso è un elemento iconografico rarissimo e pressoché assente sia nel Quattrocento sia negli anni immediatamente susseguenti il Concilio di Trento.
Indagando il significato liturgico canonico del colore rosa, la studiosa ha, infatti, spiegato alla platea come tale colore sia di fatto riservato alle vesti liturgiche indossate durante la terza domenica di avvento o domenica ‘Gaudete’ e nella quarta domenica di Quaresima o domenica ‘Laetare’, assumendo il significato di “gaudio prefigurato nella penitenza” nella stessa accezione di senso in cui Vittoria Colonna descriveva il momento della Crocifissione, definito dalla poetessa “arra dell’eterno riso”, ossia prefigurazione di gioia eterna.
La ricorrenza di questo concetto in almeno due sonetti morali di Vittoria Colonna, individuati dalla Gnignera (Sonetto LXIII – Sonetto LXXII), nei quali il Cristo crocefisso e la crocefissione sono correlati alla gioia, è, secondo la studiosa viterbese, un forte indizio di come l’anomalia abbigliamentaria della tavoletta viterbese sia in realtà una sorta di segno in codice per la cerchia degli spirituali viterbesi che traduce in pittura uno degli assunti degli spirituali, messo in poesia dalla stessa Vittoria Colonna.
Nella stessa direzione conduceva anche l’intuizione di Gianpaolo Serone, poi suffragata dai riscontri della archeologa Alessandra Milioni, secondo cui alcuni degli edifici visibili sullo sfondo del Cristo (a destra dell’osservatore) nella tavoletta viterbese, raffigurerebbero le cinquecentesche terme viterbesi del Bacucco.
IL PROSSIMO FUTURO
I responsabili di Archeoares (che gestisce il Polo monumentale), in collaborazione con l’Associazione Egidio 17, hanno annunciato degli ulteriori sviluppi nelle ricerche, i quali includono appropriate analisi scientifiche e i cui esiti sono in corso di pubblicazione.
Resoconto dell’incontro “Antonio Rocca ed Elisabetta Gnignera illustrano i nuovi scenari di studio emersi per la tavoletta del Museo del Colle del Duomo.”[/vc_column_text][vc_empty_space height=”50px”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_single_image image=”37233″ img_size=”medium” add_caption=”yes” alignment=”center” onclick=”link_image”][/vc_column][/vc_row]