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Il Lazio del vino: dall’Est! Est!! Est!!! al Cesanese

«La viticoltura del Lazio è una delle migliori che vanti l’Italia, ma è troppo costosa.
La materia prima che offre alla vinificazione, è eccellente, ma difettano molto i processi di fabbricazione del vino, quantunque in questi ultimi anni non manchi l’esempio di produttori intelligenti e volenterosi, i quali sono riusciti a mettere in commercio prodotti veramente superiori.»

 

Se fossimo nel 1899, questo sarebbe lo scenario descritto da Salvatore Mondini, tra i più importanti scrittori di viticultura del paese, che mette in luce quanto il Lazio sia una regione vinicola straordinaria, ma anche di come, all’epoca della sua opera, si pensasse di più ad avere quantità (il vicino mercato di Roma e il consumo pro capite più alto) che qualità in vigna, poi in bottiglia e, infine, nel bicchiere.

Una cosa è certa: i vini del Lazio avevano un grande potenziale di finezza, corpo e conservabilità, mostrando interessantissime varietà di bacca; quello che mancava, semmai, viene descritto bene in un altro passaggio : “Disgraziatamente però, tanto la fabbricazione che la conservazione del vino lasciano molto a desiderare, e tranne alcune eccezioni, la massa dei produttori è ancora assai lungi dall’avere adottato quelle pratiche, che altrove hanno fatto ottima prova.»

Le pratiche quindi.

La tecnica di cantina, i sistemi di gestione dalla vigna, lo scopo ultimo che si vuole raggiungere, trovare quella sinfonia perfetta, o quasi, che trasforma un solido in un liquido, che racchiuda in sé il lavoro di madre natura e dell’uomo. Non creatori di qualcosa ma interpreti di un territorio.

Oggi la strada è aperta, è per forza dovuta passare da prove, esperimenti e tentativi, da storici viticoltori “illuminati” ma anche da errori e scelte sbagliate per portarci dal fare un vino, inteso come semplice fermentazione dell’uva, a fare IL vino.

Dare qualche numero per capire meglio è doveroso: nel Lazio si coltivano a vite circa 28.000 ha su terreni che presentano condizioni vocate a questa pratica; la varietà della natura del terreno offre la possibilità di far crescere numerose bacche (biodiversità) e di avere caratteristiche diverse da zona a zona.

La geografia ci dà una mano. Ci sono quattro macro zone: quella collinare vulcanica, che abbraccia anche la tuscia Viterbese, dove trovano spazio alcune delle denominazioni principali, come la DOC Aleatico di Gradoli, rosso conosciuto nella sua versione dolce e liquoroso, ma anche secco e recentemente con vinificazioni in bianco. La DOC Est!Est!!Est!!! di Montefiascone con i Trebbiani e le Malvasie, bianco gentile ed elegante e, cosa non di poco conto, tra le prime DOC registrate in Italia. I resti dell’antico vulcano laziale con la DOC Frascati e ben due delle tre DOCG della regione, Frascati superiore DOCG e Cannellino di Frascati DOCG. Il versante più esposto ad Ovest vede alcuni vitigni di antica origine come il Bellone e il Bombino. Nella fascia collinare interna ecco terreni di natura sedimentaria con la DOC Colli della Sabina e all’interno la Valle del Comino, al confine con Abruzzo e Molise, dove i monti che la proteggono sono fortemente carnificati e prediligono vitigni internazionali come il Merlot, il Cabernet Franc e lo Chardonnay. Il Cesanese ha il suo habitat nella fascia dei rilievi appenninici con terreni calcarei in alto e ricchi di arenarie e tufo man mano che si scende di quota. Cerveteri DOC nelle zone costiere tra Tarquinia e il delta del Tevere, con viti a bacca bianca maggiormente diffuse, ma anche la riscoperta del Giacché, un vitigno locale che nel tempo era stato abbandonato per le sue basse rese, ma che oggi torna con grandi risultati in termini di profumi e corpo. Grande varietà di “internazionali” lungo le zone del basso Lazio verso il confine campano, strappate alla palude con importanti opere di bonifica.

L’Italia tutta, vanta una grande tradizione vinicola.

Il Lazio non fa eccezione avendo attraversato la storia da assoluto protagonista. Non vi declamerò date e scoperte archeologiche, ma ci basterà sapere che qui si coltiva vite da vino già con i Fenici e i Latini, passando per la cultura Etrusca nella parte settentrionale e continuando con l’espansione di Roma.Le innovazioni furono introdotte in agricoltura dai monaci, non a caso i grandi centri di produzione, quelli più qualitativi per intenderci, nascevano nelle vicinanze di monasteri Benedettini e Cistercensi e nella corte Papale. Oggi il Lazio si colloca tra le prime 10 regioni d’Italia per quantità di vino prodotto, circa 1.500.000 hl nel 2016 (dati ISTAT), con un buon equilibrio tra le varie denominazioni e una costante crescita sul mercato nazionale ed estero, con un attento processo produttivo che abbraccia il biologico, il biodinamico e il vegano.

La prossima volta che acquistate o ordinate una bottiglia di vino, sceglietene una di questa stupenda regione: il vino che fu di Etruschi e Romani, di Papi e Imperatori vi sta aspettando, non resta che impugnare il cavatappi e…alla salute!

 

Ecco un elenco delle denominazioni più importanti:

DOCG Lazio:

Frascati Superiore DOCG

Cannellino di Frascato DOCG

Cesanese del Piglio DOCG

DOC Lazio:

Aleatico di Gradoli , Aprilia, Atina, Bianco Capena, Castelli romani,Cerveteri, Cesanese di Affile, Ceanese di Olevano, Circeo, Colli Albani, Colli della Sabina, Colli Etruschi Viterbesi, Colli Lanuvini, Cori, Est!Est!!Est!!! di Montefiascone, Frascati, Genazzano, Marino, Montecompatri Colonna, Nettuno, Orvieto, Roma, Tarquinia; Terracina, Velletri, Vignanello, Zagarolo.

 

Pietro Nottola
sommelier F.I.S.A.R.

 

Sitografia e bibliografia:

www.inumeridelvino.it/2017/03/produzione-di-vino-in-italia-2016-primo-aggiornamento-istat.html

Salvatore Mondini, Produzione e commercio del vino in Italia, Ulrico Hoepli, Milano 1899

Enografia Italiana a cura di Andrea Zanti

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