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I cavalieri nel medioevo

Coraggio, senso dell’onore, fierezza, eleganza e fedeltà: erano questi i valori che contraddistinguevano i cavalieri medievali. La loro vita, però, non era così romantica come si legge nei poemi cavallereschi; era fatta di un lungo addestramento, di regole di condotta ferree e di scontri sanguinosi che, se da un lato ti portavano fama e onore, dall’altro ti costringevano a una vita fatta di rischi e sacrifici.

La vita di un futuro cavaliere iniziava presto. A sette – otto anni i rampolli di nobili casate venivano mandati come paggi nelle dimore di altri signori per imparare a stare in società e a cavalcare. Raggiunti i quattordici anni si diventava scudieri e si affiancava un cavaliere affermato, così da poter imparare l’arte della guerra, ad accudire il cavallo e a custodire l’equipaggiamento militare. A ventun anni, finito l’addestramento, nel caso in cui si fosse ancora vivi, si riceveva, attraverso una solenne cerimonia, la tanto desiderata investitura da cavaliere. La sera precedente al grande evento il giovane veniva lavato e rasato, gli veniva fatta indossare una tunica bianca (simbolo di purezza), un mantello rosso (simbolo del sangue che era disposto a versare in nome della chiesa) e una cotta nera (emblema della Morte di cui non doveva aver timore), in seguito veniva condotto nella chiesa principale dove avrebbe passato la notte pregando.

L’indomani, indossati i suoi abiti migliori, il futuro cavaliere veniva benedetto dal sacerdote e poi investito ufficialmente dal cavaliere a cui aveva fatto da scudiero tramite il gesto simbolico del passaggio della spada sul capo e sulle spalle, pronunciando la formula: “In nome di Dio, di San Michele, di San Giorgio, ti faccio cavaliere”.

Da questo momento il neo cavaliere entrava a far parte di una vera e propria casta militare in cui la fedeltà al proprio signore era l’unica parole d’ordine conosciuta.

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