Francesco Nagni (Viterbo 1897 – Roma 1977) fu uno scultore molto apprezzato. Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma le sue opere sono ampiamente diffuse sul territorio italiano e all’estero.
Nagni ha realizzato durante la sua carriera opere di grande importanza come il monumento equestre al Gen. Armando Diaz a Napoli, il monumentale bassorilievo del Pegaso presente sulla facciata della stazione Ostiense e le imponenti statue dei SS. Pietro e Paolo per l’omonima chiesa dell’EUR a Roma. È stato molto apprezzato dalla critica per la sua semplicità e la forte spiritualità che connota le sue opere.
Il Museo del Colle del Duomo di Viterbo ospita alcuni bozzetti preparatori e calchi in gesso di alcune statue successivamente realizzate in diversi materiali tra i quali il marmo, il bronzo o il travertino.
IL CALCO DI SANTA LUCIA
Uno degli esempi più interessanti è la statua in gesso di Santa Lucia, utilizzata dallo scultore come modello per la realizzazione della statua in marmo bianco conservata presso l’omonima chiesa in Roma (1948-1949 ca.). Il calco presente al Museo[1] rispetto all’originale manca della mano destra, della fiammella sulla lucerna e di un frammento del colletto destro del manto, segno di un impatto che ne ha causato la perdita. L’originale, inoltre, presenta un’aureola metallica e un ulteriore basamento che le conferisce maggiore espressività.
Estremamente interessante è l’iconografia scelta dall’artista per questa figura, in cui “la virtuosa perizia, lungi dal servire a se medesima, è soltanto in funzione dei motivi interiori e della maturità spirituale dell’artista”, come dice G. Natta nel volume “Francesco Nagni”; infatti egli era riconosciuto per i lineamenti giovanili che conferiva alle sue Madonne, angeli e sante e per la sua religiosità non bigotta e stereotipata. La Santa non è rappresentata tramite il simbolo iconografico consueto del vassoio contenente gli occhi ma con una lucerna accesa in mano. Nagni ha scelto di raffigurare Santa Lucia nei panni di una fanciulla che, con lo sguardo rivolto a Dio, prega per riavere la “luce” della vista che le è stata sottratta durante il martirio.
Il critico Vittorio Scorza descrivendo l’opera afferma: “La sua liliale Santa Lucia esile come uno stelo nella pura linearità del manto […]“[2].
(articolo scritto da Cetty Parisi)
[1] Il calco in questione è di dimensioni cm h:177,5 x l:77 x p:50
[2] Tecchi et al, 1965, p. 36.