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La Regione Lazio: Terra di presepi
Mancano pochi giorni al Natale e in quasi tutte le case italiane si respira quell’atmosfera magica che questa festa porta con sé. L’addobbo dell’albero l’8 dicembre, la cena della vigilia, lo scambio dei regali, i dolci natalizi. Un susseguirsi di tradizioni che si concludono il 6 gennaio con l’Epifania, che “tutte le feste porta via”. Tra queste tradizioni però ce n’è una, tutta italiana, che rappresenta il simbolo culturale della nostra società: il presepe.
Dal latino praesepium o praesepe “greppia, mangiatoia”, nell’uso comune è la rappresentazione della nascita di Gesù; si fa nelle chiese e nelle case durante le festività natalizie. Riproduce scenicamente, attraverso figure formate da diversi materiali e in un ambiente ricostruito, le scene della Natività e dell’Adorazione dei Magi. La nascita di Gesù oltre ad evocare valori positivi è il racconto di una storia fatto nell’intimità e nel calore di una casa o di una comunità.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row margin_top=”20″][vc_column][vc_column_text]
Il presepe di Greccio di San Francesco D’Assisi
Come narra Tommaso da Celano, il frate che raccontò la vita di San Francesco, il desiderio di rievocare la nascita di Gesù venne al santo nel Natale del 1222. In quell’anno a Betlemme rimase così colpito dalle funzioni liturgiche della nascita di Cristo che, nel 1223, a Roma, chiese a papa Onorio III di poterle realizzare per il Natale. Il papa però gli concesse unicamente la celebrazione della Messa in una grotta naturale. Ottenuto il permesso, tornato a Greccio, che tanto gli ricordava Betlemme, chiese l’aiuto ad un amico, un certo Giovanni Velita. Tommaso Celano ci ricorda ciò che il santo disse a Giovanni: “Vorrei rappresentare il bambino nato a Betlemme e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. La volontà di San Francesco era quella di organizzare una rappresentazione viva della nascita di Gesù. Era convinto che potendo vedere con i suoi occhi avrebbe avuto modo di comprendere ancora più a fondo. Centro della celebrazione fu la mangiatoia, appositamente preparata con un bue e un asinello come uniche “comparse”. Non c’era nessuno infatti che impersonasse la Madonna, San Giuseppe e il Bambino; e i pastori erano i veri pastori, abitanti delle zone vicine. Il santo in questo modo voleva rivivere la nascita di Gesù in forma reale nel contesto della Messa.
L’idea di Francesco, nel tempo, si trasformò in tradizione religiosa e popolare. Il palcoscenico ideale per il suo allestimento inizialmente furono le chiese. Ancora oggi è possibile ammirare presepi precedenti al XVI secolo, come quello della basilica di Santo Stefano a Bologna, del Duomo di Modena, dell’oratorio di San Giuseppe a Urbino e di San Giovanni a Carbonara a Napoli.
È nel Lazio però che si conservano gli esempi più antichi di presepi nel mondo.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row margin_top=”20″][vc_column][vc_column_text]
Boville Ernica (FR) e il sarcofago paleocristiano in San Pietro Ispano
La cittadina di Boville Ernica, in provincia di Frosinone, inserita tra i borghi più belli d’Italia, vanta nel suo patrimonio archeologico – artistico un presepe risalente al IV secolo d.C., scolpito a rilievo sul coperchio di un bellissimo sarcofago paleocristiano. Trovato nel 1941 in località Sasso è custodito dal 1947 nella chiesa di San Pietro Ispano. L’opera, in marmo bianco, è composta da cassa rettangolare e da coperchio con “alzatina”, cioè un’appendice sporgente in verticale. La forma originaria della tomba non è facilmente percepibile perché, dopo il restauro, è stata trasformata in un unico insieme per assolvere alla funzione di altare. È situato nella cappella laterale a destra del presbiterio. L’alzatina del coperchio presenta scene tratte dal Vecchio e Nuovo Testamento. Nel settore a destra compare una delle prime scene di Natività mai realizzate. Le prime manifestazioni artistiche di questo soggetto nell’arte paleocristiana risalgono infatti proprio al IV secolo e sono riconoscibili in alcuni affreschi delle catacombe e nei rari sarcofagi, tra cui quello di Boville Ernica. Il presepe raffigurato si articola in due momenti: la Natività di Gesù, con i pastori; e la sua Epifania, con i re Magi che stanno giungendo presso la capanna a compiere l’Adorazione del Bambino. Una misteriosa figura femminile siede a terra, tra Gesù e la Madonna, collocandosi esattamente sotto la stella cometa. La sua presenza rende molto suggestiva la scena e fa discutere ancora per la sua identificazione. In passato si è pensato si trattasse di San Giuseppe ma in realtà la sua figura non compare nelle scene cristiane se non dal V secolo d.C.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row margin_top=”20″][vc_column][vc_column_text]
Il presepe di Arnolfo di Cambio nella Basilica di Santa Maria Maggiore (RM)
Uno dei più bei connubi tra spiritualità e arte è rappresentato dal presepe realizzato da Arnolfo di Cambio nella basilica romana di Santa Maria Maggiore. L’opera, eseguita tra il 1288 e il 1291, fu commissionata da Nicolò IV, papa francescano; egli, in occasione dei restauri dell’antica basilica mariana, volle far realizzare un presepe, in ricordo di quello di Greccio, che però era vivente. Il legame tra la basilica di Santa Maria Maggiore e la natività esisteva però già da tempo. Papa Sisto III nel 432 d.C. creò nella primitiva basilica una “grotta della Natività” simile a quella di Betlemme; la chiesa fu da allora denominata Santa Maria ad praesepem. I numerosi pellegrini che tornavano a Roma dalla Terra santa portarono in dono preziosi frammenti del legno della Sacra Culla, oggi custoditi nella teca dorata della Confessione. Col passare del tempo la chiesa subì numerosi cambiamenti; in particolare durante la seconda metà del XVI secolo l’architetto Domenico Fontana, su richiesta del pontefice Sisto V, costruì nella navata destra una grande cappella, nella quale fu spostata la grotta della Natività con le statue di Arnolfo di Cambio. Attualmente l’opera, collocata nella cripta, è inserita all’interno del percorso museale della basilica. Negli anni purtroppo alcune statue sono andate perdute ma la pregevolezza della Natività è ancora indiscussa. La genialità di Arnolfo fu quella di realizzare l’opera, ispirandosi al classicismo antico, con una coscienza nuova dello spazio, abbandonando l’impostazione frontale. Le statue che sembravano realizzate a tutto tondo erano in realtà scolpite ad altorilievo su fondi marmorei dipinti. Non conosciamo l’esatta collocazione originaria del gruppo scultoreo. La Vergine col Bambino (che però è un’opera cinquecentesca), il bue e l’asino si trovavano forse in una nicchia rettangolare, posta di fronte all’ingresso; subito fuori, a destra, i due Magi scolpiti probabilmente da un allievo; nel lato opposto la figura di Giuseppe che si protende dalla nicchia verso il pubblico, creando una suggestione di movimento, essendo egli stesso spettatore della scena. Uno dei pezzi più belli del gruppo scultoreo è il terzo Magio, posto al limite della nicchia, rivolto verso il Bambino. È una figura fortemente espressiva; è inginocchiato e volge le spalle al pubblico, mostrando la schiena e le piante dei piedi, in un gesto che coinvolge i presenti.
Il presepe di Arnolfo di Cambio è un’opera di eccezionale valenza artistica. Le figure scolpite dal maestro toscano rispondono al criterio di “visibilità”, essendo lavorate in prospettiva solo nelle parti che risultano a vista. L’intento dello scultore era quello di coinvolgere il visitatore, rendendolo emotivamente partecipe dell’evento.
La Natività rappresenta da secoli fonte di ispirazione per grandi artisti che ne hanno fatto raffigurazioni famose in tutto il mondo. Per molti di noi è un appuntamento atteso; ogni anno si può inventare qualcosa di creativo, aggiungere un dettaglio, conferendogli un nuovo significato. È insieme un simbolo culturale e artistico.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]