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Vanvitelli pittore a Viterbo

vanvitelli

Il 12 maggio di poco piu`di tre secoli fa a Napoli nasceva uno tra i piu`insigni maestri dell’architettura italiana: Luigi Vanvitelli. Il suo vero nome era Lodevijk van Wittel, figlio del famoso pittore olandese Gaspard van Wittel (italianizzato in Vanvitelli). Dopo aver percorso le orme paterne nella pittura, si avvicino` all’architettura guardando ai grandi maestri del Barocco, come Bernini e Juvara. Prosegui` poi da solo osservando e studiando i monumenti di Roma, Vitruvio e i trattatisti del ‘500. Ebbe modo di farsi notare grazie al progetto presentato per la facciata principale di San Giovanni in Laterano; poco dopo infatti (1733) gli venne affidata la costruzione del Lazzaretto di Ancona, la sua prima vera opera.

Nel 1735, nominato architetto della Basilica di San Pietro, fu costretto a risiedere a Roma. Qui tenne incarichi importantissimi, come la costruzione del convento degli Agostiniani, la trasformazione del “tepidarum” delle Terme di Diocleziano nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, il progetto per una cappella per il re del Portogallo ed il consolidamento della cupola della Basilica Vaticana. Tra il 1740 e il 1750 assunse il ruolo di architetto ambulante, cosi’ comune nel XVIII secolo. Lavoro`a Pesaro, Macerata, Perugia, Siena e realizzo`un progetto per la facciata del duomo di Milano.

VANVITELLI ARCHITETTO

Al 1751 risale il capolavoro assoluto di Luigi Vanvitelli: la Reggia di Caserta, un incarico che segna l’ultimo e più fecondo periodo della sua laboriosa esistenza. Il palazzo incarna le esigenze di rappresentativitàe prestigio della corte borbonica e segna, stilisticamente, la più grandiosa espressione di quel rinnovamento classico che e` base del pensiero vanvitelliano.

L’enorme edificio rettangolare e` lungo 250 metri e largo 180; contiene 1200 stanze, un teatro e una cappella. E’ organizzato in quattro cortili simmetrici; sull’asse d’entrata e’ attraversato da una lunga galleria interrotta al centro da un vestibolo ottagonale, che smista gli accessi ai quattro cortili e introduce allo scalone monumentale, fulcro del palazzo. Dallo scalone d’onore, che collega il piano inferiore a quello superiore, si giunge agli appartamenti reali.

Le reminiscenze barocche qua e la`affioranti non turbano l’unita`dell’insieme; solo la scala regia pare che si svincoli dall’armonia dell’immensa mole per creare uno spettacolo di estrema bellezza. Il modo scenografico di progettare e di vedere lega il Vanvitelli al tardo barocco ed e`sotto questa luce che il suo classicismo assume un sapore particolare. Purtroppo l’architetto mori`nel marzo del 1773, non riuscendo a vedere l’edificio completato (fu ultimato solo nel 1845 dal figlio Carlo).

VANVITELLI PITTORE

Della sua iniziale attività di pittore relativa al periodo giovanile rimane testimonianza nella cappella delle reliquie in Santa Cecilia a Roma e nella chiesa del Suffragio a Viterbo.

La decorazione di Santa Cecilia e` l’opera che ha dato maggiore visibilità a un giovane esordiente, quale era Luigi Vanvitelli nei primi decenni del XVIII secolo. La volta della cappella, con gli angeli giubilanti che celebrano il trionfo della santa, e`concepita con effetti di sconfinamento comuni alla tradizione tardo-barocca, volti a fondere illusionisticamente lo spazio pittorico con quello reale.

VANVITELLI A VITERBO

A Viterbo tali elementi illusionistici non sono adottati; l’effetto di sotto in su è affidato principalmente alla vasta esedra architettonica che chiude lo sfondo. La composizione è volutamente semplificata nel mettere a fuoco i tre protagonisti: l’angelo che solleva Abacuc per i capelli e Daniele che sulla destra giace tra i leoni. Tale soluzione bene si inquadra nella ricostruzione degli esordi di Vanvitelli mettendo in evidenza, rispetto a Santa Cecilia, una ricerca di maggiore chiarezza e ordine compositivo. La scena ha evidentemente un significato eucaristico, in quanto la salvezza è operata attraverso il cibo miracolosamente portato da Abacuc a Daniele. L’uscita trionfante del profeta dalla fossa dei leoni viene interpretata non solo come prefigurazione della Resurrezione di Cristo; l’immagine richiama inoltre l’aiuto delle preghiere dei viventi a favore delle anime purganti.

Questa accezione appare coerente con la finalità della confraternita titolare della chiesa. Vanvitelli affronta la composizione della scena sostituendo la fossa, di solito rappresentata come una spelonca rocciosa, con una sequenza architettonica di arcate che sembrano evocare un anfiteatro classico, prefigurando i futuri interessi di Vanvitelli.

 

Sara Catanese

 

 

 

 

Per approfondire:

E. Parlato, Interventi tardo-barocchi nella chiesa del Suffragio a Viterbo e gli affreschi giovanili di luigi Vanvitelli, in Curiosa Itinera, Roma, 2015, pp. 451-466.

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