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La “riconquista” italiana del cardinale Albornoz

Quasi ogni città del centro-nord Italia, almeno della parte che un tempo costituiva lo stato della chiesa conserva una rocca Albornoz.

Chi era Albornoz

Il cardinale Egidio de Albornoz era un prelato spagnolo, formatosi negli studi a Tolosa. Dopo aver avviato la sua carriera alla corte di Spagna (dove fu Primate di Spagna e Cancelliere del Re) ed essere divenuto Arcivescovo di Toledo, arricchì il suo cursus honorum con numerosi incarichi tra Avignone, dove ai suoi tempi risiedeva la sede pontificia, e l’Italia centro settentrionale.

Nel periodo spagnolo ebbe modo di partecipare come Legato di Guerra nella “reconquista” alle battaglie di Rio Salado (1340), Algeciras (1344) ed all’assedio di Gibilterra (1350).

Nel 1350 lasciò la Castiglia per diventare cardinale col titolo di S. Clemente grazie al papa Clemente VI; ma fu con il successore Innocenzo VI che Albornoz poté dimostrare di cosa era capace.

La “riconquista” italiana

Nel 1353 il pontefice Innocenzo VI elevò il Card. Albornoz a legato in Italia (tranne che per il regno di Sicilia) dotandolo, quindi, della possibilità di incassare le decime e dirimere questioni ecclesiastiche. Contestualmente lo fece vicario generale, praticamente il suo “alter ego” in Italia, dandogli la possibilità di intervenire a livello giurisdizionale.

Il cardinale Egidio Albornoz scese in Italia raccogliendo truppe lungo il suo percorso deciso a ricominciare la conquista dal Patrimonio di San Pietro in Tuscia, governato in quel momento dai Prefetti di Vico.

La riconquista avvenne con grande difficoltà: il cardinale dovette chiedere aiuto al Pontefice ad Avignone; finì quasi sotto assedio a Montefiascone e solo dosando politica, denaro e guerra riuscì a far guadagnare al pontefice le città del Patrimonio. Nel 1354 dava inizio a Viterbo, presa grazie all’aiuto dei romani, alla costruzione della Rocca Albornoz in funzione anti-prefettesca.

L’esperienza maturata in questa occasione ispirò l’Albornoz anche nelle sue politiche future. Scelse di procedere con accordi e sanatorie più che con azioni di forza, mantenersi quanto più autonomo dal pontefice e metterlo davanti a fatti compiuti.

Nonostante il papa non avesse apprezzato completamente le modalità della riconquista, gli effetti furono importanti ed immediati. Subito alcune città si sottomisero volontariamente al Cardinale ed al pontefice. Tra queste furono Gubbio, Amelia, Narni, Terni e Rieti.

Albornoz: il governo e le battaglie

Per avere idea del modo di governare dell’Albornoz è esemplare, almeno formalmente, la convocazione del Parlamento nel 1354 a Montefiascone con delegati da tutte le città e i castelli del patrimonio. Il cardinale permise alle città di mantenere i propri statuti (ma non di farne di nuovi) e nominò in ognuna dei podestà o dei rettori che rispondevano al rettore del Patrimonio di San Pietro in Tuscia.

Successivamente il cardinale si interessò alle altri grandi parti del dominio pontificio: il ducato di Spoleto, la Marca e la Romagna.

La presa di Spoleto, a danno del comune di Perugia che vi agiva da anni, portò anche altre città del ducato a sottomettersi all’Albornoz. Tra queste Foligno da cui partì l’assalto alla Marca. Qui i signorotti locali trovarono temporaneamente una alleanza strategica, ma dopo la vittoria del Cardinale nella battaglia di Paterno (Ancona) riesplosero i particolarismi marchigiani. Ma il vero successo dell’Albornoz fu, probabilmente, quello di acquisire insieme alle città anche i servizi dei loro signori: esemplare il caso dei Malatesta che da oppositori divennero sostenitori dell’operazione di riconquista.

L’acquisizione delle Marche avvicinava, però, alla resa dei conti i due maggiori contendenti dell’area. Non erano sicuramente i signori di Faenza e Forlì a intimidire l’Albornoz, ma i veri interessi di Milano, nella persona di Bernabò Visconti che sosteneva gli oppositori del cardinale con l’insperato supporto dell’imperatore Carlo IV.

Il Cardinale Albornoz e il Papa

Ma l’aiuto più sorprendente al Visconti arrivò dal pontefice stesso. Gli agenti del Visconti avevano lavorato bene alla corte di Innocenzo VI e questi decise di richiamare l’Albornoz dopo averlo fermato e sostituito.

Il pontefice si pentì presto della decisione e dopo pochi mesi, nel 1358, dovette incaricare nuovamente il cardinale Egidio per riprendere il lavoro che aveva lasciato in Italia. Nonostante i rapporti non idilliaci e la grande influenza viscontea sul papa, questi dovette essere molto soddisfatto della resa di Bologna nel 1360.

La partita, ovviamente, non si chiuse così semplicemente. Si dovette attendere la pace del 1364 che diede denari e garanzie ai Visconti, ma alla fine Bologna passò sotto il pontefice che intanto era divenuto Urbano V.

Nel 1367, poco dopo la sconfitta inferta ai Perugini, l’Albornoz poté assistere all’evento che giustificava le sue fatiche: il papa sbarcava a Corneto (Tarquinia), raggiungeva Viterbo e si apprestava a dirigersi a Roma. Il cardinale non sopravvisse, però, all’evento; infatti, nell’agosto dello stesso anno morì presso a Viterbo prima dell’incontro con il Pontefice.

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